Bill Frisell è senza dubbio uno dei più importanti chitarristi della generazione venuta dopo Jim Hall, il modello che avrebbe ispirato ancora per molto tempo l’evoluzione della chitarra.
Frisell ha raccolto quella ispirazione in modo molto personale e originale, liberandosi di ogni paletto di genere e aprendo a uno straordinario, se non unico, eclettismo. Innumerevoli i percorsi artistici cui Frisell ha dato vita in quarant’anni di carriera, restando però sempre fedele a se stesso, a un linguaggio che è solo suo, a un “suono” immediatamente riconoscibile, a un talento di improvvisatore che ha pochi eguali, non solo tra i chitarristi. Un artista capace di andare dalle musiche per i film muti di Buster Keaton alle canzoni di John Lennon e di Burt Bacharach ed Elvis Costello, dall’avant-jazz alla musica cameristica contemporanea, dalla musica latina con Vinicius Cantuaria al mainstream jazz con Fred Hersch, Lee Konitz o Elvin Jones, dalla partnership con un innovatore radicale come John Zorn alle band di un vecchio guru come Charles Lloyd. Frisell ha suonato la musica metropolitana delle grandi città contemporanee e quella del cuore contadino dell’America, la musica da ballo dei teenager degli anni ‘50 e quella di Nashville, si è trovato perfettamente a suo agio nelle atmosfere algide della ECM e quelle raffinate della Nonesuch, con la voce acidula di Marianne Faithfull e nelle epocali polifonie a tre voci con Zorn e George Lewis, in incontri estemporanei e in solide partnership come Naked City o il mai troppo rimpianto trio con Paul Motian e Joe Lovano. Ha scritto musica per organici complessi e si è esibito in formule minimali come il trio, il duo (per esempio, con il bassista Thomas Morgan o con lo stesso Hall) o la solo guitar performance. L’ultimo progetto, inciso su disco e ora anche dal vivo a Umbria Jazz è questo quartetto con il pianista Gerald Clayton, il sassofonista Gregory Tardy e il batterista Jonathan Blake.