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Nduduzo Makhathini

Un altro African Piano dalla scena jazz sudafricana. Dopo Abdullah Ibrahim, che all’inizio si chiamava Dollar Brand e di cui “African Piano” fu una sorta di manifesto programmatico, ecco Nduduzo Makhathini, che proviene da un’area geografica in cui si sviluppò il regno Zulu di Dingane, successore nel 1828 del leggendario Shaka. Qui musica e pratiche rituali erano simbioticamente collegate, e questo ha avuto una grande influenza sulla crescita artistica del pianista sudafricano, come l’hanno avuta pure la musica di chiesa e poi pianisti jazz americani come McCoy Tyner, Don Pullen, Randy Weston, Andrew Hill. Un impatto decisivo fu quello con la musica di John Coltrane, sotto l’impulso di Bheki Mseleku, il suo mentore.

Fin da subito, comunque, quello di Nduduzo Makhathini è stato un jazz che si proponeva di “rispecchiare – ha raccontato – o evocare il modo in cui il mio popolo danzava, cantava, parlava”. Una strada originale, dunque, che ben si coglie nelle performance di piano solo: compositore e performer ci riportano ad una dimensione ancestrale che non ha praticamente nulla, o molto poco, del jazz del nord del mondo che siamo soliti ascoltare. Del resto, il jazz non è forse la musica più inclusiva, capace di raccogliere e incrociarsi con le culture del mondo? Ne occorresse una ulteriore prova, in febbraio Jazz at Lincoln Center ha ospitato una partnership di Nduduzo Makhathini con Hamilton de Holanda, brasiliano virtuoso del bandolim che il pubblico di Umbria Jazz conosce bene.

Orari
  • Apertura biglietteria: ore 11:00
  • Apertura porte: ore 11:30
  • Inizio concerto: ore 12:00
Biglietti

da € 18 prevendita inclusa

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