Pat Metheny e Kyle Eastwood: successo a UJ18 | Umbria Jazz
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Pat Metheny e Kyle Eastwood: successo a UJ18

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Quando l’uomo col contrabbasso incontra quello con la chitarra, il primo dopo aver suonato prende un bicchiere di vino e si gode il concerto del secondo. Giovedì sera all’Arena Santa Giuliana è stata la notte di Kyle Eastwood, figlio del regista Clint, e del rodato gruppo guidato da Pat Metheny, uno degli amici di lunga data del festival: «Per me e per questo fantastico gruppo di musicisti – ha detto a metà concerto presentando la band – è sempre un privilegio suonare qui a Umbria Jazz, uno dei più importanti festival al mondo». Prima di lui però è toccato all’uomo col contrabbasso, parafrasando la battuta – pronunciata dal padre – entrata ormai nella leggenda del cinema. Un set breve, 50 minuti e senza bis per evitare slittamenti dato che sulla scaletta di Metheny c’erano appuntate oltre due ore di musica.
Sul palco Eastwood ha portato un quintetto classico formato da Andrew McCormack (pianoforte), Quentin Collins (tromba), Brandon Allen (sassofono) e Chris Higginbottom (batteria). Per il contrabbassista e soci si tratta di un esordio assoluto al festival e al pubblico di UJ (oltre duemila i paganti) ha proposto alcuni brani pescati dal suo ultimo album, «In transit» (il nono in quasi 20 anni di carriera), come ad esempio «Rush hour». Eastwood col suo quintetto viaggia lungo la strada dell’hard bop, e proprio «Rush hour», uno dei brani che apre il set, ne è un esempio. All’Arena il contrabbassista ha proposto anche una bella rilettura della colonna sonora di «Nuovo cinema Paradiso» (nel corso della sua carriera Eastwood ha scritto musica per molti film del padre), contenuta anch’essa nell’album, e di un classicissimo di Charles Mingus, «Boogie stop shuffle». Pur non brillando troppo per originalità, un’ora di musica molto godibile.
Eastwood e il resto della band dopo qualche selfie e gli autografi di rito si sono sistemati in platea per ascoltare non tanto le parole – pochissime – del chitarrista del Missouri, quanto la sua musica, protagonista assoluta del concerto durato oltre due ore. All’Arena con Metheny ci sono Linda May Han Oh al contrabbasso (bellissimo il concerto tenuto dal suo gruppo un anno fa alla Galleria nazionale), Antonio Sanchez alla batteria, Gwilym Simcock al piano e tastiera; lo stesso quartetto che a maggio ha dato vita, ad Assisi, al concerto di beneficenza per i terremotati, a testimonianza del rapporto stretto che c’è tra il chitarrista, l’Umbria e il festival.
Metheny chiede al pubblico silenzio e di tenere i cellulari in tasca: il 64enne all’inizio sale sul palco imbracciando Pikasso, la chitarra  a 42 corde progettata da lui; la sensazione è sempre quella di un mondo liquido, ricco di colori e di tonalità diverse. Insomma, c’è subito una grande atmosfera. Le ‘pennellate’ improvvisate con la Pikasso sono due, poi arriva il resto della band con la quale, a un certo punto, dà vita a una serie di duetti che vanno dalla delicata ballad con Linda Oh agli svolazzi con Simcock; da ultimo tocca a Sanchez e il registro cambia ancora una volta nello scambio tra il batterista e la chitarra synth imbracciata in quel momento da Metheny. La serata scorre via tra molto materiale d’annata e pezzi nuovi ma nel complesso a colpire è il lavoro d’insieme del quartetto, la varietà e la generosità di Metheny, che è anche uno dei motivi per cui il chitarrista è tra i beniamini del pubblico del festival.
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