Intervista a Rita Marcotulli: Il mio Caravaggio... | Umbria Jazz
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Intervista a Rita Marcotulli: Il mio Caravaggio…

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«Il mio Caravaggio è un personaggio modernissimo e un uomo libero, se vuoi un po’ un musicista jazz». Rita Marcotulli al teatro Morlacchi di Perugia ha appena terminato le prove de «I Caraviaggianti», il concerto multimediale che aprirà venerdì alle 17 l’edizione 2018 di Umbria Jazz; una co-produzione tra il festival e Tadam, che si autodefinisce una «impresa di diffusione culturale», mentre Karmachina si occuperà del visual design. «I Caraviaggianti» farà il suo debutto proprio a Perugia e sarà a tutti gli effetti un concerto-spettacolo in grado di fondere suoni, immagini e parole: protagoniste infatti, oltre alla musica scritta dalla pianista romana, saranno alcune delle opere più famose di Caravaggio e i testi di Stefano Benni. Sul palco con Marcotulli ci saranno Mieko Miyazaki al koto (un particolare strumento a corde che viene dalla famiglia delle cetre) e voci, Israel Varela alla batteria, Tore Brunborg ai sassofoni, Michel Benita al contrabbasso, Marco Decimo al violoncello e Michele Rabbia alle percussioni (le scenografie sono di Angelo Linzalata e la supervisione artistica di Fabrizio Borelli).
L’impressione è quella di un flusso sonoro compatto, dove la quasi totalità dello spazio è occupato dal collettivo più che dal singolo strumento; una musica in grado di veicolare le emozioni più diverse, come i quadri di Caravaggio che vengono proiettati sul fondale e su un altro spazio, composto da tre triangoli, al centro del palco. Ad alternarsi capolavori come «Scudo con la testa di Medusa», che ispira uno dei momenti più scuri del concerto, «Fuga in Egitto», «I bari», «La vocazione di San Matteo», «Giuditta che taglia la testa di Oloferne», il «Narciso» che chiude lo spettacolo sulle note di un brano chiamato «Lacrima» e, ovviamente, tanta musica, come «Il suonatore di liuto». Molto spesso vengono presi singoli dettagli dei quadri, ai quali i visual designer danno vita: «Sarebbe stato bellissimo – racconta Marcotulli – usarne anche di più, ma non potevamo allungare troppo lo spettacolo». Prima è stata composta la musica, spiega la pianista, e sulla base di quella sono state scelte le opere. «Ogni quadro mi ha dato suggestioni, come “La fuga in Egitto”: mi sono immaginata il bambinello che dorme e nel sogno una ninna nanna; ho voluto fare qualcosa di più poetico e meno didascalico».
L’idea di dare vita a uno spettacolo simile Marcotulli l’accarezza da parecchio, «di fatto – dice – mi tormenta da più di dieci anni, e poi me l’ha suggerita una persona che aveva fatto una mostra in cui erano stati riprodotti in modo virtuale dei quadri di Caravaggio. Dissi che era meraviglioso, e che avremmo potuto vedere i dettagli dei quadri. In questo modo l’idea di grandezza e di virtuale ha iniziato a farsi largo, e poi alla fine abbiamo avuto anche noi un angelo, nel senso che siamo riusciti a produrre il concerto con Tadam e Umbria Jazz». Marcotulli parla di Caravaggio come di un «personaggio assolutamente modernissimo e un uomo libero. Mi sento di fare un parallelismo coi musicisti jazz perché era una persona che amava rompere gli schemi, era libero da pregiudizi e preconcetti, ma ha avuto la sfortuna di vivere nel Seicento del’Inquisizione.
Il nero che lui dipinge è quello che aveva intorno, mentre la luce è l’interno, è lui». Quanto all’ensemble scelto, «io ho un po’ una famiglia con cui collaboro spesso. L’idea del koto mi piaceva perché spesso nei quadri di Caravaggio ci sono molti strumenti a corda come il liuto. Myeko ha una grandissima forza e presenza scenica e quello strumento mi riporta a un mondo più antico. Il violoncello è invece melodico, mentre Varela è un messicano, e Caravaggio amava molto la musica spagnola. Rabbia, poi, mette tutti i colori». Dal suo pianoforte infine Marcotulli guarda con ottimismo al futuro del jazz tricolore: «Sta molto bene, ci sono grandissimi mnusicisti e bravissimi giovani, anche più aperti rispetto a prima». Lo spettacolo dopo questa prima assoluta potrebbe approdare anche in Cina a settembre e a Cremona il prossimo anno. Il  concerto è stato poi presentato venerdì mattina alla libreria Feltrinelli di Perugia in un appuntamento al quale hanno partecipato Rita Marcotulli, Matilde Brescianini (direttore artistico di Tadaam), Laura Teza (docente di Storia dell’arte moderna all’Università di Perugia), e il direttore generale della Fondazione Umbria Jazz Giampiero Rasimelli: «È nella tradizione di Umbria Jazz – ha detto il direttore – l’esplorazione di diversi sentieri, perciò quando Tadaam ci ha proposto di produrre questa opera ci abbiamo lavorato e alla fine ha preso corpo».
Per Rasimelli si tratta «di un esempio dell’eccellenza della cultura italiana nel mondo, e abbiamo l’ambizione di farla diventare un’ambasciatrice della nostra qualità creativa. È anche un simbolo della dinamicità e dell’apertura che Perugia ha avuto nei suoi picchi più alti, ed è una delle primissime volte che il jazz si spinge a ‘commentare’ un genio di tale portata. La musica devo dire che mi ha sorpreso, si tratta di un esercizio raffinato e intenso. Ora speriamo che lo spettacolo possa prendere il volo anche verso l’estero». La professoressa Teza ha tracciato poi un legame tra Perugia e Caravaggio ricordando che il «Mondafrutto» – cioè un ragazzo intento a sbucciare un agrume -, riprodotto dall’artista in circa una dozzina di copie, sia documentato per la prima volta tra le opere appartenute a Cesare Crispolti, raffinato intellettuale perugino del Cinquecento. Quanto allo spettacolo, Teza parla di «immagini combinate in modo magistrale; è un concerto rispettoso dei dipinti e un’esperienza notevolissima, un’osmosi riuscitissima e affascinante, per nulla scontata».
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